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Cosa posso fare per te?

Pensare alla città che non ignora le differenze ma le accoglie, nella convinzione che siano una risorsa culturale ed etica, prospettando una città che si apre, che considera la fragilità come punto di riflessione privilegiato da cui guardare la società. Una città che non dimentica le persone fragili, che le rispetta, non le nasconde e ne fa un punto di forza della sua politica di innovazione attraverso un programma/progetto contro le disuguaglianze in un ottica intersezionale.

BOLOGNA: UNA CITTA’ DALLA TUA PARTE

Con l’espressione “persone con esigenze speciali” si sottolinea il fatto che, riguardo alla mobilità, al potersi spostare autonomamente, al poter accedere ai mezzi pubblici, ai luoghi, alle strutture ed agli esercizi commerciali, sono tante le persone che possono andare incontro a dei disagi: dalla persona in carrozzina, a quella in dialisi, da quella con protesi a quella con difficoltà respiratorie, dall’anziano alla mamma con bimbo piccolo e ancora molte altre condizioni.

Voglio pensare alla nostra città come ad una città capace di accogliere e rispettare le differenze e le diversità, che non dimentica le persone fragili e che fa di ogni azione messa in campo  per il superamento  di ogni barriera fisica e culturale, il punto di forza delle sue politiche di innovazione attraverso un programma volto ad annullare le diseguaglianze e dare aiuto a chi aiuta e sostegno e forza a tutti i progetti elaborati per favorire la partecipazione sociale attraverso il lavoro, l’autonomia e l’autodeterminazione di ogni singolo cittadino.

Non basterà creare una città accessibile, con tante opportunità di lavoro, di relazione e di indipendenza, se non si lavorerà sul superamento di pregiudizi e di visioni ristrette, attraverso la partecipazione diretta di tutti, una nuova mentalità e nuove prospettive. 

I NOSTRI OBIETTIVI, GLI OBIETTIVI DI TUTTI

  1. INCLUSIONE

Un termine che significa sentirsi accolti e sentire di appartenere a qualcosa, sia un nucleo familiare, sia un gruppo di persone o una comunità, potendosi muovere, partecipare ed esprimersi liberamente. Inclusione non vuol dire omologazione. Vuol dire far parte ed essere valorizzati nonostante le diversità. Di genere, di orientamento sessuale, di condizione psico-fisica e sociale, di cultura e di etnia.

  1. AUTODETERMINAZIONE

Il diritto di vedersi riconosciute le proprie capacità di scelta autonoma e indipendente. Poniamoci una domanda: è eticamente corretto chiamarla vita se non si è scelto volontariamente di passare così la propria esistenza? No, non lo è. Purtroppo per molte persone la vita vissuta non è quella voluta. Non lo è per paura di una società che ti giudica. Non lo è per mancanza di autonomia e, senza autonomia, non c’è autodeterminazione. Una città realmente inclusiva ha come obiettivo quello di consegnarti tutti gli strumenti per facilitare l’autodeterminazione e vivere la propria vita il più vicino possibile a quella desiderata. Nel lavoro, nelle relazioni e nelle scelte.

  1. ACCESSIBILITÀ

Se vivessi a Copenaghen e decidessi, in un’ora e in un giorno qualsiasi, di prendere un mezzo pubblico, autobus o treno, mi avvierei tranquillamente con la mia carrozzina alla fermata o in stazione sapendo che qualsiasi mezzo sarà accessibile e che non dovrò preoccuparmi di nulla.

Nei paesi del Nord Europa, la società si interroga sui bisogni dell’individuo e adegua sé stessa alle esigenze speciali per un “mondo accessibile a tutti”. Nei paesi del sud Europa, come ad esempio in Italia, è l’individuo che deve comprendere come è fatta la società e adeguarsi di conseguenza. Quando non esistono questi presupposti si fa fatica a percepire le barriere fisiche, quelle culturali e quelle mentali che condizionano l’esistenza delle persone.

Una differente mentalità e un approccio culturale e organizzativo diverso della società abituerebbero tutti a pensare e vedere le situazioni da un’altra prospettiva, evitando, così, di concepire la realtà solo dal proprio punto di vista, trattando le persone in modo differente, esclusivamente in funzione della loro diversità.  Non dobbiamo permettere che quella che dovrebbe essere considerata una condizione divenga una caratteristica assoluta della persona.

  1. PARTECIPAZIONE

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, con l’I.C.F., la Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute, ha sottolineato il fatto che sia l’ambiente a determinare e limitare, per tutte le persone, disabili o non, l’autonomia personale e la partecipazione alla vita sociale e relazionale. Fare in modo che la città consenta a tutti di partecipare alla vita sociale, alla propria realizzazione personale attraverso le relazioni, il lavoro e le opportunità, sarà uno degli obiettivi più importanti.  Per me è fondamentale che la mia azione e quella dell’Ente che rappresenterò siano veramente a stretto contatto con tutti i cittadini, disabili e non, che li coinvolga nella realizzazione e nella crescita di una ideale “città di tutti” affinché sia concretizzato  il principio costituzionale fondamentale in base al quale “ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società”. “Pulisci davanti all’uscio di casa e tutta la città sarà pulita” recita un detto scandinavo. È dalle piccole cose che iniziano i grandi cambiamenti. Piccole cose, come se appartenessero a ognuno di noi, per sentire Bologna come casa nostra. Fare i cittadini è il miglior modo di esserlo.

LE GIUSTE AZIONI. LE AZIONI POSSIBILI

La società è il luogo dei rapporti che ci consente di essere quello che siamo: autonomi, capaci di scelte, attraverso l’autodeterminazione, l’indipendenza e l’espressione di sé.

Un ambiente realmente accessibile a tutti consentirebbe una minore spesa sociale ed un migliore utilizzo delle risorse e permetterebbe all’individuo di agire in autonomia, di svolgere in modo indipendente le proprie attività e di partecipare attivamente alla vita sociale e relazionale.

ABBATTIMENTO BARRIERE.

Riguardo alle barriere, sia culturali sia fisiche, Bologna ha sempre dimostrato più attenzione rispetto alle altre città. Bologna, come tutto il territorio dell’Emilia – Romagna, ha fatto enormi passi in avanti riguardo l’inclusione delle diversità.

Come Coalizione Civica abbiamo predisposto un programma di abbattimento delle barriere architettoniche e di aumento dei mezzi di trasporto accessibili a tutti. Abbiamo, inoltre, introdotto la modifica del nuovo regolamento edilizio (“Progetto Rampe”) con l’obiettivo di migliorare l’accessibilità del 75% dei negozi.

In sintesi, lo spirito del “Progetto Rampe” si basa sui seguenti principi:

  • l’accessibilità dei luoghi aperti al pubblico, anche se di proprietà privata, risponde a un interesse pubblico, perciò il Comune coopera attivamente coi privati nel realizzarla;
  • va garantito in via prioritaria un accesso non discriminatorio e “di pari qualità”, limitando a situazioni di assoluta necessità l’accesso “su chiamata” ad es. tramite rampe mobili;
  • va incentivato l’adeguamento attraverso lavori eseguiti all’interno della proprietà privata, limitando ai soli casi in cui ciò non sia possibile l’occupazione del suolo pubblico tramite rampe, quale forma di “accomodamento ragionevole”.

Fondi:

Utilizzare il 10% degli oneri urbanistici come fondo per il P.E.B.A. (piano eliminazioni barriere architettoniche).

LAVORO E INSERIMENTO LAVORATIVO

Come puntualizzato anche dall’Assessore Marco Lombardo, occorre, a monte, prevedere un fondo locale-regionale per l’inserimento lavorativo delle persone con disabilità, sia per incentivare maggiormente le imprese all’assunzione, sia per coprire i costi previdenziali e di un eventuale adeguamento degli ambienti di lavoro.

Un altro argomento che affronteremo, in collaborazione con gli Enti di formazione, le Imprese Sociali e le aziende pubbliche e private, sarà legato ad una maggiore valorizzazione e professionalizzazione della figura del tutor per il collocamento mirato, di colui o colei che rende realizzabile e funzionale l’inserimento lavorativo di una persona che, senza aiuto, senza una guida, avrebbe difficoltà per inserirsi e affermarsi nel mercato del lavoro.

La pandemia e le infinite possibilità offerte dalla tecnologia hanno dimostrato che per una persona con disabilità e per le aziende stesse, poter lavorare da casa si traduce in minori costi sociali, in termini di adattamento delle postazioni di lavoro, dei trasporti e spostamenti, di assistenza e cure e di conseguenti assenze dal lavoro. Alcuni avrebbero anche bisogno di essere fisicamente accompagnati sul posto di lavoro, gravando ancora di più sui propri familiari.

Lo smart working dev’essere un’opzione possibile, oltre al fatto che deve essere comunque garantito il diritto di raggiungere il posto di lavoro che sia accessibile e con mezzi di trasporto adeguati. Non tutti i lavori, purtroppo o per fortuna, possono essere svolti da casa.

La legge 68/99- norme per il diritto al lavoro dei disabili- funziona ed è stata presa a modello da altri Paesi ma occorre passare dalla teoria alla pratica, dalla “carta” all’attuazione, che è la parte più complessa. Se sarò eletto per prima cosa mi confronterò con i S.I.L., con i Centri per l’impiego e le cooperative sociali di tipo B, per valutare insieme criticità e soluzioni. Mi impegnerò affinché si possano rilasciare dei bandi, partendo dall’esempio di altri contesti, per ETS capaci di creare posti e occasioni di lavoro autonomo coinvolgendo le Fondazioni sul territorio (le fondazioni che agiscono strettamente sul territorio sono quelle bancarie o di comunità) che, a differenza delle casse spesso asciutte degli enti locali, hanno buone capacità finanziarie.

Attualmente avere un lavoro è un problema per molti e, spesso, non si hanno gli strumenti personali ed economici per poterselo creare dal nulla. Penso a Pizzaut, a 21 grammi, all’albergo Etico, tutte esperienze gestite dal privato sociale, replicabili, soprattutto con l’impegno dell’Ente di farsi garante per l’attivazione di risorse finanziarie in un conto capitale o a credito agevolato per i soggetti non bancabili. Oltretutto sarebbe anche una opportunità per rivalorizzare i tanti locali dismessi che per l’amministrazione rappresentano comunque un costo oltre che essere vettori di degrado.

TURISMO, MOBILITA’ E TEMPO LIBERO

I Tour Operator e le Agenzie Incoming rivolte ai turisti in arrivo sono spesso in difficoltà nel gestire clienti disabili e nell’organizzare per loro itinerari e ricettività, anche perché le condizioni psicofisiche e le difficoltà sono molto diverse da persona a persona. Parliamo di un bacino d’utenza di oltre dieci milioni di persone, che, spesso, non si muovono da sole. Già questo dato sarebbe sufficiente per far comprendere a strutture ricettive ed esercizi commerciali quali potenzialità di mercato avrebbero adeguandosi a criteri di accessibilità. Persone con disabilità, preparate ed esperte, potrebbero collaborare nel circuito turistico, culturale e del tempo libero per formare adeguatamente il personale, fornire consulenza specifica per le strutture ricettive in tema di accessibilità e fruibilità, predisporre e promuovere itinerari adeguati e creare le condizioni per la massima autonomia e produttività sostenibili. Dal punto di vita ricettivo e commerciale, le persone con disabilità possono operare come mistery client (o shopper), figure opportunatamente preparate a svolgere attività di monitoraggio e controllo relativamente alle conformità, anche per aiutare e consigliare esercenti e strutture nel mettersi in regola e incrementare la clientela.

Le persone con disabilità, con il sostegno delle Fondazioni ed il patrocinio del Comune, potrebbero dare vita a mini-imprese e/o cooperative inserendosi nel mercato attraverso il lavoro autonomo.

Per Le Fondazioni si tratterrebbe di rispondere al meglio ai propri obiettivi statutari e per l’Ente Pubblico di una minore spesa sociale per l’assistenza e di una migliore allocazione delle risorse. Da soggetti assistiti a soggetti autonomi e contribuenti.

L’intento è di produrre un miglioramento generale sia qualitativo che quantitativo dell’offerta promuovendo l’affluenza di turisti con esigenze speciali, i loro familiari e amici e, in particolare, di turisti provenienti dal Nord Europa, abituati a standard di accessibilità di alto livello.

Fondi:

Utilizzare il 10% della tassa di soggiorno per migliorare l’esperienza turistica delle persone con disabilità creando materiale dettagliato reperibile via web e cartaceo per i turisti con esigenze speciali. Formare il personale degli uffici turistici pubblici affinché possano relazionarsi al meglio con i turisti con disabilità.

EMOTIVITÀ, AFFETTIVITÀ e SESSUALITÀ

Attivare un servizio di sportello, fisico e virtuale presso cui ricevere richieste e offrire orientamento e consulenza pedagogica, educativa e psico-sessuologica sulle tematiche della sessualità, dell’affettività e della genitorialità sia delle persone con disabilità sia delle persone con difficoltà nella gestione delle relazioni.

 Concretamente, l’attività prevederà due sportelli, uno rivolto a tutte le figure, sia informali che professionali, vicine a persone con disabilità intellettiva e neuro-diversità a basso-medio funzionamento e l’altro rivolto alle persone con disabilità fisico-motoria ed ai loro familiari.

La complessità della tematica, le fragili e delicate implicazioni sociali e culturali impongono una scelta di rigore scientifico e metodologico che può essere assicurata solo attraverso la diretta collaborazione di professionisti autorevoli e qualificati (medici, psicologi, sessuologi, educatori) che si dichiarino disponibili a collaborare fattivamente alla programmazione e realizzazione del progetto.

O.E.A.S. 

L’assistenza alla sessualità a persone con disabilità rappresenta un concetto che racchiude allo stesso tempo “rispetto” e “educazione”, che solo per un paese civile può rappresentare la massima espressione del “diritto alla salute e al benessere psicofisico e sessuale”.

Per questo motivo parlare semplicemente di Assistenza Sessuale può risultare estremamente riduttivo, qualificarne il concetto più complesso attraverso i termini: assistenza all’emotività, all’affettività e alla sessualità (definito O.E.A.S. dove “O” sta per operatore) permette di assaporare tutte quelle sfumature in essa contenute.

L’assistenza all’emotività, all’affettività e alla sessualità si caratterizza con la libertà di scelta da parte degli esseri umani di vivere e condividere la propria esperienza erotico-sessuale a prescindere dalle difficoltà riscontrate nell’esperienza di vita.

L’O.E.A.S. è un operatore professionale (uomo o donna) con orientamento bisessuale, eterosessuale o omosessuale che deve avere delle caratteristiche psicofisiche e sessuali “sane” (importanza di una selezione accurata degli aspiranti O.E.A.S.).

Attraverso la sua professionalità supporta le persone con disabilità a sperimentare l’erotismo e la sessualità.

Questo operatore, formato da un punto di vista teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, permette di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale. Gli incontri, infatti, si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico, al corpo a corpo, sperimentando il contatto e l’esperienza sensoriale, dando suggerimenti fondamentali sull’attività autoerotica, fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell’esperienza orgasmica la dove vi sono evidenti limitazioni.

L’operatore definito del “benessere sessuale” ha dunque una preparazione adeguata e qualificante e non concentrerà esclusivamente l’attenzione sul semplice processo “meccanico” sessualità. Promuoverà attentamente anche l’educazione sessuo-affettiva, indirizzando al meglio le “energie” intrappolate all’interno del corpo della persona con disabilità.

Uno degli obiettivi è abbattere lo stereotipo che continua a essere ingombrante e che vede le persone con difficoltà e disabilità assoggettate all’“asessualità”, o comunque non idonee a vivere e sperimentare la sessualità. Importanza del superamento del concetto del “sesso degli angeli”.

L’O.E.A.S. in base alla propria formazione, sensibilità e disponibilità può contribuire a far ri-scoprire tre dimensioni dell’educazione sessuale:

  • Ludica: scoprire il proprio corpo.
  • Relazionale: scoprire il corpo dell’altro.
  • Etica: scoprire il valore della corporeità.

ed al tempo stesso, aiutare il soggetto disabile a rendersi protagonista maggiormente responsabile delle proprie relazioni sia sentimentali che sessuali, favorendo una maggiore conoscenza e consapevolezza di sé ed una più adeguata capacità di prendersi cura del proprio corpo e della propria persona. La mancanza di autostima è uno dei freni per un naturale approccio verso l’altro. L’O.E.A.S. può aiutare ad accogliere e non reprimere le diverse istanze del proprio corpo, dei sensi e delle emozioni.

About Me

Maximiliano “Max” Ulivieri, 51 anni, è da sempre in prima linea sui temi dell’inclusione e dell’accessibilità.
Toscano di nascita e Bolognese per scelta, si occupa di turismo accessibile, sia come formatore che tramite il progetto diversamenteagibile.it.
È promotore di battaglie per i diritti delle persone con disabilità, legate in particolare ai temi dell’affettività e sessualità, per i quali ha fondato ed è presidente del progetto lovegiver.it.
Scrittore, blogger e divulgatore, crede fortemente che la lotta contro tutti i tipi di diseguaglianze sia l’unico mezzo per migliorare la qualità della vita dei cittadini, per una società più giusta e inclusiva.
Cura il magazine disabilitystyle.it con cui si cerca di dare una nuova immagine al mondo della disabilità. Infine scrive per “Il Fatto Quotidiano“.
Personal Life & Love Coach. Scrittore. Attore.
Potete seguire le sue attività anche iscrivendovi al canale Telegram cliccando qui.

Testimonials

Quello con Maximiliano Ulivieri è stato uno di quegli incontri da cui esci con il dubbio di aver capito ben poco della vita, di esserti fatto distrarre da sfumature insignificanti e particolari minuscoli perdendo di vista il quadro completo.

Ma per farti contaminare dai suoi pensieri e rubare un pezzo della sua visione del mondo devi prima riuscire a fermarlo.

Incastrare quest’intervista tra gli impegni di Max non è stato semplice. Quando non era occupato a tenere convegni con professori, psicologi, sessuologi (e un vescovo!), era in giro per l’Italia a partecipare a eventi e rilasciare interviste (vestito), oppure in Sardegna a recitare un ruolo in un film.

Oltre a tutte queste cose, Max fa anche il web designer, si occupa di turismo accessibile, di formazione, ha scritto un libro, ha partecipato a un TEDx come speaker e attualmente si sta battendo per rendere possibile l’impossibile: istituire in Italia la figura dell’assistente sessuale per le persone con disabilità.

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