Buongiorno a Voi. Oggi affrontiamo il quesito del come mai le persone con disabilità facciano una gran fatica a ottenere i propri diritti.
- Lo Stato è assente?
- La cultura è arretrata?
- C’è la Chiesa?
- Mancano i fondi?
- Il menefreghismo?
Probabilmente un cocktail di tutto questo. Io però vorrei puntare il dito su altre due risposte:
- Mancanza di collaborazione tra persone disabili e tra associazioni.
- Tendenza al sentirsi il centro dell’Universo.
L’articolo che vi ho postato è una delle prove delle mie risposte. Scusate se si vede molto piccolo il testo ma è il giornale che prevede il format grande solo se paghi. Non ho però nessuna intenzione di pagare questo tipo di giornalismo. Vi dico in breve cosa dice.
Partiamo dal titolo: “Anche i disabili fanno sesso”.
Leggendo poi l’editoriale e anche altri commenti fatti dal giornalista, probabilmente questa rivelazione è dedicata al giornalista stesso, visto che dai suoi commenti sembra venuto da Marte. Andiamo avanti.
Anche i disabili fanno sesso. Ok. Fino a qui non ci hai sorpreso. Veniamo più avanti.
Tonino racconta la sua storia, storia di molti disabili, magari con carattere più forte, che nella vita sono andati avanti alla grande. Ne siamo felici ma nulla di trascendentale. Racconta di essere stato nelle scuole per fare capire che il disabile è per prima cosa una persona. Una nuova pedagogia del disabile. Certamente un tot di anni fa lo era. Il tempo passa e non ci pare cambiato molto. Andiamo avanti.
Ah, ma sono nominato! Dai, bello che uno dei “nostri” mi nomini. Chissà quali cose preziose e innovative dirà verso di me. Sentiamo:
“A settembre è venuto a parlare a Varese del progetto sull’assistenza sessuale e di sessualità e disabilità”. “Ecco, a Ulivieri vorrei fare due domande.
Il giornalista: prego. (bè, prego dovrei dirlo io, ma andiamo avanti).
Ulivieri, quando parli di me disabile, mi pensi come persona o come handicappato? Perché se parli di “assistente” che ritieni io abbia un bisogno, che ritieni io non sia in grado di soddisfare da solo la mia sessualità.
Caro Tonino, a parte che non so come si possa fare delle domande ad una persona non presente e che non ha il diritto di replica, di risposta. Magari il giornalista me lo potrebbe spiegare. Va bene. Facciamo una conversazione in differita.
Ti rispondo qui.
Caro Tonino, non ti conoscevo fino ad adesso, dunque di te mai parlato. Ma probabilmente intendevi ipoteticamente. Ok. Hai detto mi hai ascoltato a Varese. Se lo hai fatto ti dovresti rispondere da solo. Bè, in effetti, visto che io non sono nel giornale, te la sei data da solo la risposta. Se invece mi avessi ascoltato o letto un minimo, la risposta sarebbe stata semplice: non uso mai il termine handicappato, lo hai usato tu. Quando penso, o meglio pensassi a te? Bho. Dipende. Se nel nominarti centra l’argomento disabilità, dico Tonino è una persona con disabilità. Non ho neanche mai usato diversamente abile o altri termini inutili. Ma poi, caro Tonino, almeno hai letto il nostro libro? Ah no, scusa, non lo hai letto. Lo si evince dalla seconda domanda e comunque, per conoscenza, il titolo è “Loveability, l’assistenza sessuale per le persone con disabilità”. Capito? PERSONE. Ok, ti ho risposto? (Mi sembro stupido, parlo da solo, ma non ho iniziato io il monologo).
Seconda domanda fatta al fantasma dell’Ulivieri:
Ulivieri perché la chiama assistente? Praticamente, che cosa deve fare quando viene a casa mia? Mi spoglia, mi accarezza: ma quanto? Come? Dove? Perché gli italiani leggono di queste battaglie per il diritto del disabile alla sessualità, ma non sanno che in realtà questa “assistente” può fare solo questo. Accarezzarmi. Niente rapporti orali, niente masturbazione. Però se mi ecciti, mi provochi un’erezione ma poi ti fermi e non mi fai eiaculare, cosa stai facendo in realtà?”
ehm ehm…rispondiamo pure a questa:
Caro Tonino, dici che gli italiani non sanno? In effetti non sanno che può solo fare questo, accarezzarti. Vero, non lo sanno perché al contrario di te e del giornalista, prima di parlare e scrivere, chiedono, leggono, s’informano, ma non con il panettiere, l’architetto o la parrucchiera (che poi magari lo sanno pure loro), lo fanno chiedendo e informandosi direttamente con chi è responsabile del progetto: IO e il mio COMITATO. Punto. Tuto il resto sono opinioni, non informazioni. E allora se tu avessi anche minimante letto, basta pure andare nel sito e si legge:
“…gli incontri, infatti, si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico, al corpo a corpo, sperimentando il contatto e l’esperienza sensoriale, dando suggerimenti fondamentali sull’attività autoerotica, fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell’esperienza orgasmica attraverso l’accompagnamento alla masturbazione”.
Ok Tonino? Ti ho risposto in modo esaustivo?
Tonino poi continua con le sue osservazioni dialogando con sé stesso. AhhhOhhh!, non ci sono! Parla dei costi tra i 150 e 200 euro????? Tonino, hai un tariffario? Dammelo. Avere un tariffario di una figura ancora inesistente in Italia è impresa di pochi. Poi dice che gli assistenti hanno un numero limitato dei casi. Uhm uhm, Tonino. Qui sei andato bene a metà. Dipende dai casi. Il numero limitato c’è se il percorso può dare un cambiamento alla persona e per questo può finalmente vivere meglio la sua sessualità, come se si fosse sbloccato dalle sue paure. Dipende però. Se la disabilità, la condizione, lo stato generale in cui si trova la persona è molto grave, si può prevedere continui il percorso. Magari dopo alcuni incontri cambiare operatore/atrice per evitare innamoramenti.
Andiamo avanti.
Tralasciamo il discorso trito e ritrito di cosa sia la sessualità e il sesso, Tonino poi dice “Chi mi può dare quello sguardo che solo lei mi può dare? Chi mi può dare quella parola in quel momento che solo mia moglie mi può dare?”
Ok Tonino, qui mi hai convinto. Dacci il numero di tua moglie che donerà sguardi e parole a tutti i bisognosi. (Scherzo eh!!).
E infine un messaggio forte a tutti i disabili:
A loro, quelli che scrivono su Facebook che vogliono una donna o un uomo. Che si lamentano e piangono addosso. Che non potranno mai essere amati o amare. A loro dico: spegnete il computer, chiudete Facebook (a questo punto direi pure il cellulare, sai, fosse mai venga la tentazione) esci, vai in giro. Relazionati, parla, tocca, (?? Si deve palpare la gente?) ascolta, annusa, innamorati, corteggia, soffri, piangi (questo già lo fanno pure su FB). Come fanno tutte le persone del mondo (si, che tra l’altro stanno pure tutte su internet e FB). Perché considerare l’amore come un diritto (???? Ma chi hai mai parlato del diritto all’amore) è il primo passo per restare soli e morire davanti al TV con il telecomando in mano (bè, mi hai fatto spegnere il computer, mi rimane quello).
Ecco! E che c**o! Uscite, toccate, vivete, innamoratevi! Lui c’è riuscito, fatelo anche voi. Ah, sei paralizzato sul letto? Non ti muovi? Ti devo imboccare? Ah, non puoi toccare perché manco riesci a toccare te stesso/a? Ah, quanti problemi! Tonino c’è riuscito malgrado queste difficoltà, su, forza.
Ma lui parla per sé… è si.
Lui parla di sé. Ma il sé non è il centro dell’Universo. Si deve sempre spronare la gente a far meglio, a non abbattersi ma non si può usare toni così generici. C’è sempre chi sta peggio di te, molto peggio. E si dovrebbe poter aiutare tutti, proprio tutti.
E finiamo con l’editoriale del giornalista Francesco Caielli. Questo devo dire che ancor più fantasioso.
Inizia elogiando il suo intervistato e ringraziandolo di aver riempito un vuoto (da come scrive immagino sia il suo) dentro e fuori. Spazzando via ore e ore di inutili convegni, stucchevoli simposi, pompose cene e pallosissime serate (che vita triste fa quest’uomo). Parole vuote di professoroni autoproclamatisi esperti (magari invece di sparare alla cazzum lei facesse nomi e cognomi come un vero giornalista), che dall’alto del loro scranno amano pontificare un argomento delicato e forte senza saperne nulla. Senza aver mai provato la sensazione di un “no” di una donna e tu muori dentro pensando sia per la tua diversità e magari non è vero. (su questo concordo, magari sei solo un rompicoglioni palloso). Senza aver mai parlato con un padre che sente il figlio piangere perché non riesce a sfogare le sue pulsioni o aver ascoltato una madre costretta a masturbare il figlio per calmarlo (immagino invece che lei, esimio giornalista, ne abbia sentiti e sentite molte e magari pure intervistate. No? Ah, scusi. Lo chiedevo perché invece noi abbiamo un database pieno di lettere del genere, pure pubblicate nel nostro libro, che ovviamente non ha letto e siamo pure andati in tv a parlarne, che lei ovviamente non ha visto). Finisce dicendo che Tonino è troppo avanti per un mondo – quello della disabilità – che continua a creare eroi, esempi, modelli, bandiere. Quando invece avrebbe bisogno di iniziare a fare i conti con un po’ di normalità. (Detto da uno che ha appena fatto un’intervista in stile uomo da prendere esempio, modello, eroe del cambiamento. Un genio).
Senza polemica ma solo per chiarezza d’informazioni, cosa che tra l’altro dovrebbe essere la base di ogni buon giornalista.
Grazie Max!