Riforma della Disabilità 2025: Una Sperimentazione in Difficoltà
Dal 1° gennaio 2025, l’Italia ha avviato una fase sperimentale per la riforma della disabilità, un progetto ambizioso che promette di rivoluzionare il sistema di riconoscimento dell’invalidità civile e di introdurre il tanto atteso “Progetto di vita” per le persone con disabilità. La sperimentazione, partita in nove province – Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste – si basa su una nuova procedura che vede l’INPS come unico ente accertatore, con l’obiettivo di semplificare i percorsi burocratici e migliorare l’accesso ai servizi. Tuttavia, a tre mesi dall’avvio, emergono numerose criticità che stanno mettendo a dura prova famiglie, operatori e associazioni.
Un Inizio Tra Ostacoli Burocratici
La riforma, prevista dalla legge n. 227 del 2021 e dal decreto legislativo n. 62 del 2024, introduce una “valutazione di base” unificata, che dovrebbe sostituire le molteplici visite mediche previste dal vecchio sistema. Una delle novità principali è l’eliminazione della tradizionale domanda amministrativa, sostituita da un certificato medico introduttivo trasmesso telematicamente all’INPS. Questo cambiamento, sulla carta, mira a ridurre i tempi e gli oneri per i cittadini. Ma la realtà sembra essere ben diversa.
Le famiglie coinvolte nelle province sperimentali lamentano un peggioramento rispetto al passato. La burocrazia, invece di semplificarsi, appare più complessa: i certificati medici, ora a pagamento e con costi variabili, richiedono tempi di compilazione più lunghi (fino a 60-90 minuti contro i 30 minuti del vecchio sistema). Inoltre, l’accesso ai servizi è diventato più difficile: a Firenze, ad esempio, i centri INPS per le valutazioni di base sono solo tre per l’intera provincia, mentre prima le ASL garantivano una maggiore capillarità territoriale. Questo ha portato a un crollo delle domande: a Frosinone, si registra una diminuzione del 90% rispetto al 2024.
Dati e Critiche: Un Sistema in Stallo
I numeri parlano chiaro. Nei primi mesi del 2025, i certificati introduttivi presentati sono stati appena 12.404 al 28 febbraio, con un ulteriore incremento a 19.196 entro il 17 marzo. Tuttavia, confrontando questi dati con l’anno precedente, il calo è evidente: al 28 febbraio 2024, i certificati erano quasi 26mila. L’INPS sostiene che la situazione stia migliorando, ma le famiglie e i sindacati non sono d’accordo. La CGIL, in particolare, ha definito la riforma “sganciata dalla realtà”, denunciando un sistema che, anziché facilitare l’accesso ai diritti, lo sta di fatto impedendo.
Un altro problema significativo è la carenza di personale. Nonostante un investimento di 20 milioni di euro per la formazione di circa 2mila persone, nelle nove province sono stati assunti solo 64 medici e 28 operatori sociali con contratti autonomi fino a fine 2025. Questo è un numero insufficiente per gestire un processo che richiede competenze specifiche e un’adeguata presenza sul territorio. Inoltre, la confusione sui ruoli tra ASL e INPS ha generato ritardi e disagi, con i medici di medicina generale spesso impreparati a gestire le nuove procedure telematiche.
Le Voci dei Territori e il Rinvio al 2027
Le testimonianze dai territori sono unanimi: il sistema non funziona come previsto. A Firenze, l’accesso ai patronati è crollato da 1.000 a 40 utenti al mese, un segnale chiaro di come le nuove procedure abbiano tagliato fuori molti cittadini. Le famiglie denunciano un senso di abbandono, con iter più complicati e meno supporto rispetto al passato. La ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, ha minimizzato le difficoltà, definendole “incidenti di percorso” e sottolineando la natura progressiva della riforma. Tuttavia, il governo ha deciso di rinviare l’estensione nazionale al 2027, prolungando la sperimentazione a 24 mesi e includendo, dal 30 settembre 2025, altre province come Matera, Palermo e Trento.
Un’Occasione Mancata?
La riforma della disabilità nasce con obiettivi nobili: semplificare i processi, garantire un approccio più umano e personalizzato attraverso il “Progetto di vita”, e superare la frammentazione tra sanità e sociale. Tuttavia, questa fase sperimentale sembra aver tradito le aspettative. La mancanza di preparazione, le lacune organizzative e l’insufficienza di risorse umane e digitali rischiano di compromettere un progetto che, sulla carta, potrebbe davvero migliorare la vita di milioni di persone con disabilità.
Il rinvio al 2027 potrebbe essere un’opportunità per correggere il tiro, ma solo se il governo e l’INPS ascolteranno le critiche e lavoreranno per colmare le lacune emerse. Nel frattempo, le famiglie continuano a navigare in un sistema che, invece di sostenerle, sembra aggiungere ulteriori ostacoli al loro percorso. La strada verso una vera inclusione è ancora lunga, e questa sperimentazione ci ricorda quanto sia cruciale un approccio che metta davvero al centro le persone e i loro bisogni.